Questa è la prima parte di una rassegna nella quale verranno proposti romanzi distopici più o meno conosciuti pubblicati in italiano ed attualmente disponibili. Come molti sanno, ed altri meno, con il termine distopia, s’intende un’utopia negativa o un’anti-utopia, ciò significa che se l’utopia è un’immaginaria società o comunità di individui nella quale tutto è perfetto e le condizioni di vita dei suoi componenti sono le migliori che si possano desiderare, la distopia è il suo esatto opposto: una società ipotetica in cui le condizioni di vita della maggior parte dei suoi membri sono le peggiori che si possa pensare. Queste caratteristiche rendono la distopia il teatro perfetto dove ambientare storie che si pongono più o meno apertamente in critica verso tendenze e derive sociali che, in misura ovviamente minore, si percepiscono anche nella nostra società.
La condizione ipotetica necessaria allo sviluppo di una distopia pone le storie che trattano questa tematica all’interno del genere fantastico catalogandole come sottogenere della fantascienza in quanto molto spesso vengono rappresentate nel futuro; i romanzi distopici infatti possono denunciare il pericolo derivante dal tentativo di controllare le popolazioni mediante apparecchiature tecnologiche oppure manipolazioni genetiche, tuttavia non si fermano a questo, comprendendo nella fantascienza anche le scienze sociali, il controllo sulla popolazione di tali strutture sociali può realizzarsi anche in forme diverse e meno tecnologiche ovvero negando alcune delle libertà fondamentali dei paesi democratici o addirittura esasperando l’accesso a quelle libertà.
Il confine tra utopia e distopia è labile, e spesso la distopia rappresenta il tentativo di realizzare un’utopia mostrandone la sostanziale impossibilità di realizzazione pratica, riassunta nella frase di Paul Claudel: “Chi cerca di realizzare il paradiso in terra, sta in effetti preparando per gli altri un molto rispettabile inferno.”, in questo senso si può dire che la distopia rappresenta l’altra faccia dell’utopia.
Ciò che contraddistingue i romanzi distopici quindi è di essere ambientati in un mondo, un luogo o in un epoca in cui esiste una società o una comunità di individui in cui l’autorità, con il pretesto di preservare determinati valori (morali, religiosi, politici, ecc…), controlla e sorveglia i propri cittadini con metodi repressivi. Potrà quindi essere presente un sistema gerarchico di classi sociali o caste nettamente distinte e separate, un rigido sistema di tabù e proibizioni, una propaganda e dei sistemi educativi volti all’imposizione di un pensiero ed uno stile di vita unico e al relativo abbandono dell’individualità e della libertà d’espressione in favore del conformismo dominante, la repressione di ogni dissenso e di ogni forma di anticonformismo con mezzi più o meno violenti.
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Questo specifico articolo è il primo di 5 articoli che cercheranno di dare una visione il più ampia possibile di questo sottogenere. Gli articoli di questo percorso di lettura saranno:
- ROMANZI DISTOPICI 1 • GLI ALBORI DEL GENERE DISTOPICO DAL 1907 AL 1960
- ROMANZI DISTOPICI 2 • I LIBRI DISTOPICI DAL 1960 AL 2024
- ROMANZI DISTOPICI 3 • DISTOPIE POST-APOCALITTICHE
- ROMANZI DISTOPICI 4 • UCRONIE DISTOPICHE
- ROMANZI DISTOPICI 5 • DISTOPIE YOUNG ADULT
I titoli delle opere sono ordinati in ordine cronologico.
GLI ALBORI DEL GENERE DISTOPICO
– ROMANZI DAL 1907 AL 1960 –
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IL PADRONE DEL MONDO (Lord of the World, 1907) di Robert Hugh Benson
Il primo libro di questa rassegna di romanzi distopici risale al 1907 ed è stato tradotto in italiano con due diversi titoli: “Padrone del mondo” e “Il dominatore del mondo” di Robert Hugh Benson.
All’inizio del ventunesimo secolo l’Europa è dominata da governi di stampo massonico e comunista. Il secolarismo ha trionfato definitivamente e le religioni sono decadute: la sparuta minoranza cattolica superstite ha come uniche roccaforti l’Irlanda e Roma, che ha ottenuto l’indipendenza dall’Italia ed è retta dal papa. Il dissenso è inesistente, l’eutanasia è pratica diffusa, l’edilizia si sviluppa sottoterra e la lingua internazionale è l’esperanto. Londra è una città silenziosa in cui ogni rumore è attutito dallo strato di gomma che sembra rivestire ogni superficie calpestabile, e a Trafalgar Square troneggia la statua di un massone. Su questo sfondo s’intrecciano le vite dei due antitetici protagonisti: da una parte Percy Franklin, ambizioso prete cattolico che aspira a una rifondazione della Chiesa; dall’altra Oliver Brand, deputato comunista e convinto anticattolico, figlio della società moderna. Entrambi assistono con trepidazione alla grande partita sullo scacchiere mondiale che si gioca tra Occidente e Oriente. Quando l’eterno attrito fra i due blocchi sembra sul punto di degenerare in una guerra di proporzioni inedite, entra in scena Julian Felsenburgh, misterioso poliglotta dal carisma eccezionale che s’impone come mediatore, stabilendo un nuovo ordine mondiale e diventando il Dio delle masse: è l’ascesa dell’Anticristo. Ma la pace universale conquistata non salva il declino dei cattolici.
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IL TALLONE DI FERRO (The Iron Heel, 1907) di Jack London
In seconda posizione (o comunque al fotofinish) tra i primi romanzi distopici vediamo anche il primo nome famoso: Jack London con il suo il Tallone di Ferro.
Testo di autentica chiaroveggenza sui destini della società capitalistica, “Il tallone di ferro” è uno dei più allucinati e veridici affreschi della società dominata dal profitto, dipinta nella sua durezza senza scampo, nella sua oppressione generalizzata, nei suoi impliciti e inevitabili sbocchi di violenza e massacro. Il profeta lucido e impavido dello scarto tra le speranze dell’umanità e le condizioni in cui gli uomini si trovano a vivere è Ernest Everhard, l’eroe, il combattente per la libertà (un personaggio memorabile cui Ernesto Che Guevara deve il nome di battesimo). Il racconto della sua vita e del suo pensiero è affidato al diario dell’amata Avis, figlia viziata di una ricca famiglia borghese che apre gli occhi, attraverso l’amore per Ernest, sull’intollerabile oppressione attuata dalla classe sociale cui appartiene, fino alle estreme conseguenze. Un feroce, visionario capolavoro.
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NOI (in russo Мы, 1921) di Evgenij Ivanovič Zamjatin
Proseguendo tra i primi romanzi distopici troviamo l’antesignano di Orwell, 1984 prima di 1984, “Noi“, di Evgenij Ivanovič Zamjatin.
È la fine del terzo millennio, l’umanità vive in uno spazio ipermeccanicizzato e socialmente ipercontrollato, chiuso dalla Muraglia Verde. Gli individui non hanno più un nome, sono alfanumeri. Come D-503, ingegnere al lavoro sul progetto dell’Integrale, la nave spaziale destinata a esportare su altri pianeti il perfetto ordinamento politico dello Stato Unico, dove ogni attività è disciplinata, standardizzata e, soprattutto, visibile a chiunque: tutti gli edifici sono di vetro. È proprio D-503 a raccontare la vicenda della ribelle I-330 e del suo piano per dare inizio a una nuova rivoluzione. Scritto tra il 1919 e il 1921, prontamente censurato (uscito in inglese nel 1924, nel 1952 in russo ma a New York, e solo nel 1988 in URSS), “Noi” è il capostipite di tutte le distopie del Novecento, antesignano di “1984” di Orwell e del “Mondo nuovo” di Huxley.
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BLOCCHI (Blokken, 1931) di Ferdinand Bordewijk
L’idea di rigido inquadramento della mentalità distopica viene metaforicamente e visivamente utilizzato in maniera incisiva dal romanzo “Blocchi“, del 1931, di Ferdinand Bordewijk.
Pubblicato per la prima volta nel 1931, “Blocchi” racconta la vita nello Stato Totalizzante del futuro, un mondo perfettamente squadrato che si sviluppa in una città fatta di grandi cubi, senza passato, senza critica, senza pensiero. L’arte, nella città dei cubi, è confinata nel luogo del “cattivo esempio”, l’uomo esiste solo come condizione limite, piegato e schiavizzato dal sistema. E quando un tentativo non di ribellione ma di discussione mette in crisi l’equilibrio dello Stato perfetto, la forza dei blocchi piega senza sforzo qualsiasi forma di pensiero libero.
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CITTÀ DI GATTI (Māo chéng jì 貓城記, 1933) di Lao She
Convinto che «la satira deve in primo luogo rendere viva la favola sulla quale si appoggia», Lao She con il suo Città di gatti, ci regala pagine illuminate da una brillante vena umoristica che diventa lucida capacità di penetrazione dell’anima e dell’evoluzione umane, al di là dei limiti nazionali e storici.
Un pilota cinese, durante una manovra d’emergenza, approda su Marte, e scopre che il pianeta è abitato da uomini gatto. Accolto da uno di loro, chiamato Grande Scorpione, impara a parlarne la lingua e ne scopre via via usi e cultura, apprezzando gli effetti stupefacenti delle foglie di loto di cui si nutrono. Man mano che si addentra nella conoscenza della loro società, tuttavia, si accorge che quella a cui assiste è la fase finale di una civiltà in declino, ormai irrimediabilmente corrotta, soggiogata dagli stranieri, priva di valori morali. Scritto tra il 1932 e il 1933, Città di gatti è il primo romanzo di fantascienza della letteratura cinese e uno dei primi racconti distopici. Come una dozzina d’anni più tardi La fattoria degli animali di Orwell, anche Città di gatti adombra una feroce satira politica: del regime instaurato dal Partito nazionalista cinese di Chiang Kai-shek, oltre che della Russia sovietica e di un intero mondo in crisi.
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KALLOCAINA (Kallocain, 1940) di Karin Boye
Grande originalità nella prima scrittrice del genere distopico, Karin Boye con il suo fantastico monito sul rapporto tra verità e potere: Kallocaina.
Chi non ha mai sognato di possedere il siero della verità e penetrare nel segreto della mente e del cuore degli altri e di se stesso? Quale giudice non lo vorrebbe, quale potere non lo riterrebbe l’ideale strumento di controllo? Kallocaina è appunto il nome del siero della verità che lo scienziato Leo Kall ha inventato per garantire allo Stato sicurezza e stabilità. Ma la verità sfugge alla strumentalizzazione, i suoi effetti sono sconvolgenti, rivelando la complessità dei rapporti umani e portando il germe della disgregazione nel sistema. Scritto nel 1940, quando era difficile nutrire grandi speranze nell’avvenire, Kallocaina ha in comune con Noi di Zamjatin, Il mondo nuovo di Huxley, 1984 di Orwell l’allucinata visione di una società spersonalizzata, dominata da uno Stato poliziesco che arriva a invadere anche la sfera privata dei cittadini sopprimendo ogni libertà. Benché le distopie appaiano spesso ingenue e superate dalle atrocità del reale, le questioni sollevate dal romanzo suonano di allarmante attualità. La continua violazione dei diritti umani, l’uso strumentale della giustizia, la disinvolta interpretazione delle leggi, la delazione eretta ad atto civico, l’acquiescente conformismo fanno parte del nostro panorama quotidiano. Ma l’originalità di Kallocaina, rara voce di donna in questo genere letterario, sta altrove: nella progressiva presa di coscienza del protagonista che verità e ragione, verità e controllo, verità e potere restano inconciliabili, nel suo lento processo di liberazione dal proprio super-io, fino all’accettazione delle esigenze più profonde che aveva negato e soffocato dentro di sé: quel bisogno di amore, di libertà e di fiducia, senza i quali l’esistenza e la persona umana perdono di valore e di significato.
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IL MONDO NUOVO (Brave New World, 1932) di Aldous Huxley
Giungiamo quindi al primo titolo noto tra i romanzi distopici, il racconto dello stato dell’era di Ford, tra riproduzione in serie, eugenetica e rifiuto della memoria: il mondo nuovo di Aldous Huxley.
Scritto nel 1932, “Il mondo nuovo” è un romanzo dall’inesausta forza profetica ambientato in un immaginario stato totalitario del futuro, nel quale ogni aspetto della vita viene pianificato in nome del razionalismo produttivistico e tutto è sacrificabile a un malinteso mito del progresso. I cittadini di questa società non sono oppressi da fame, guerra, malattie e possono accedere liberamente a ogni piacere materiale. In cambio del benessere fisico, però, devono rinunciare a ogni emozione, a ogni sentimento, a ogni manifestazione della propria individualità. Al romanzo seguono la prefazione all’edizione 1946 del “Mondo nuovo” e la raccolta di saggi “Ritorno al mondo nuovo” (1958), nelle quali Huxley tornò a esaminare le proprie intuizioni alla luce degli avvenimenti dei decenni centrali del novecento.
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DA NOI NON PUÒ SUCCEDERE (It can’t Happen Here, 1935) di Sinclair Lewis
Ripubblicato nel 2016 è stato tradotto in italiano la prima volta con il titolo: “Qui non è possibile”, il profetico ed attualissimo romanzo di Sinclair Lewis.
Da noi non può succedere è una grande narrazione sulla fragilità della democrazia e, allo stesso tempo, una previsione allarmante, sinistra, di come il fascismo – o, meglio, il populismo – possa prendere piede anche negli Stati Uniti. Scritto negli Anni Trenta dello scorso secolo, durante la ‘Grande Depressione’, quando il paese poco si curava dell’aggressività di Hitler, Da noi non può succedere unisce una visione satirica della politica allo spaventoso e possibile avvento di un Presidente che si fa dittatore per ‘salvare’ la nazione dai nemici, dalla criminalità e dalla stampa libera. Pubblicato nel 1935, questo romanzo preveggente e scioccante rimane ancora attuale non solo per gli Stati Uniti, ma anche per tutto l’Occidente, dove il populismo sta avanzando. Romanzo quindi a sfondo ‘politico’, ma godibilissimo per la sua ampia narrazione e per i numerosi personaggi della società degli Stati Uniti ancora pienamente attuali. Un romanzo che mostra la forza della migliore narrativa americana.
Dal romanzo è stata tratta un’opera teatrale del 1936, un film per la televisione e gli è stato assegnato il premio Prometheus “Hall of fame” 2007.
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LA FATTORIA DEGLI ANIMALI (Animal Farm, 1945) di George Orwell
Giungiamo quindi a “La fattoria degli animali”, la sempre verde metafora di George Orwell.
Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni animali sono più uguali degli altri.
Stanchi dei soprusi, gli animali di una fattoria decidono di ribellarsi agli umani e, cacciato il proprietario, danno vita a un nuovo ordine fondato sull’uguaglianza. Ben presto, però, emerge tra loro una nuova classe di burocrati, i maiali, che con astuzia, cupidigia e prepotenza si impongono sugli altri animali. L’acuta satira orwelliana contro il totalitarismo è unita in questo apologo a una felicità inventiva e a un’energia stilistica che pongono “La fattoria degli animali” tra le opere più celebri della narrativa del Novecento.
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UN MONDO SINISTRO (Bend Sinister, 1947) di Vladimir Nabokov
Stretto tra i famosissimi romanzi distopici Orwelliani, troviamo l’opera di un altro grande della letteratura mondiale “Un mondo sinistro”, di Vladimir Nabokov.
In un oscuro paese dell’Europa orientale – i cui abitanti parlano ora tedesco ora russo ora una lingua che non coincide con nessuna di quelle esistenti – un filosofo quarantenne, Adam Krug, siede annichilito nell’ospedale dove è appena spirata l’amatissima moglie Olga. Krug è una celebrità internazionale, l’unica che possa vantare il piccolo Stato retto dal regime poliziesco di Paduk, fondatore del Partito dell’Uomo Comune, che propugna una dottrina violenta fondata sul “pensiero unico“. Per consolidare il suo carisma il dittatore vorrebbe l’appoggio di Krug, ma lo studioso oppone il più deciso rifiuto in nome della libertà di coscienza, esponendosi così alla più feroce delle rappresaglie. Concepito nel 1941 e portato a termine tra il 1945 e il 1946, in singolare ed evidente contrappunto con il “1984” di Orwell, “Un mondo sinistro” è, insieme a “Invito a una decapitazione”, il romanzo più politico di Nabokov, nutrito com’è dell’orrore che i regimi totalitari avevano scatenato negli anni precedenti. Per Krug, infatti, la coscienza è “l’unica cosa reale al mondo e il mistero più grande“: un prodigio, un arcano, una sfida incessante, e un paradosso, giacché è sinonimo di curiosità illimitata, di sentimenti illimitati all’interno (krug in russo significa “cerchio”) di un’esistenza per sua natura finita.
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1984 (Nineteen Eighty-Four, 1949) di George Orwell
Giungiamo quindi al più famoso tra i romanzi distopici: 1984 di George Orwell, con il suo “Grande Fratello“.
L’azione si svolge in un futuro prossimo del mondo (l’anno 1984) in cui il potere si concentra in tre immensi superstati: Oceania, Eurasia ed Estasia. Al vertice del potere politico in Oceania c’è il Grande Fratello, onnisciente e infallibile, che nessuno ha visto di persona ma di cui ovunque sono visibili grandi manifesti. Il Ministero della Verità, nel quale lavora il personaggio principale, Smith, ha il compito di censurare libri e giornali non in linea con la politica ufficiale, di alterare la storia e di ridurre le possibilità espressive della lingua. Per quanto sia tenuto sotto controllo da telecamere, Smith comincia a condurre un’esistenza “sovversiva”. Scritto nel 1949, il libro è considerato una delle più lucide rappresentazioni del totalitarismo.
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LA RIVOLTA DI ATLANTE (Atlas Shrugged, 1957) di Ayn Rand.
Pubblicato anche in Italia in tre libri intitolati Il tema, L’uomo che apparteneva alla terra, e L’Atlantide, viene considerato il magnum opus dell’autrice, con più di 645,000 parole (versione inglese), La rivolta di Atlante è uno dei romanzi più lunghi mai scritti.
IL TEMA. LA RIVOLTA DI ATLANTE (PARTE I) di Ayn Rand.
In un’America devastata da leggi assurde che scoraggiano l’impresa individuale, Francisco D’Anconia, Ragnar Danneskjòld e John Galt mettono in atto lo sciopero dei cervelli. Le avventure dei tre si intrecciano con quelle di Dagny Taggart, protagonista di appassionanti amori, che da sola troverà l’oasi nella quale si sono rifugiati i reali produttori della ricchezza che non possono più acconsentire a essere derubati del loro lavoro e a farsi dare, in aggiunta, la colpa di ogni disastro. I personaggi del romanzo si dividono dunque tra coloro che tramite progetti razionali vogliono migliorare la realtà e coloro che, invece, danno ascolto soltanto ai propri sentimenti e alle proprie emozioni. Con “La rivolta d’Atlante”, di cui “Il tema” è la prima parte, Ayn Rand realizza lo scopo della sua vita: scrivere un romanzo sulla libertà dell’uomo, sull’incrollabile fiducia dell’individuo nella propria creatività, sul disprezzo per i compromessi, sul rifiuto del primato della società sul singolo.
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L’UOMO CHE APPARTENEVA ALLA TERRA. LA RIVOLTA DI ATLANTE (parte II) di Ayn Rand.
Come può sopravvivere e realizzarsi a pieno l’uomo razionale in un contesto sociale irrazionale? Solo in una società fondata sulla libera circolazione delle idee e sulla massima libertà di agire e commerciare, il potenziale umano – quello spirito creativo che ciascun individuo trasfonde fiducioso al proprio lavoro – è in grado di esplicarsi al massimo livello. L’eroe di Ayn Rand, l’uomo dall’intelligenza vivace, indipendente nello stile e nelle scelte di vita, colui che con tenacia coltiva la propria razionalità alla ricerca della felicità attraverso il lavoro e la vita affettiva, perseguendo un comune obiettivo morale, può soltanto entrare in conflitto con gli uomini gretti, coloro che limitano il fiorire delle menti indipendenti in nome di una rigida difesa del collettivismo. Anche nella progredita America si può correre questo rischio e incappare nelle maglie della degenerazione e della corruzione morale. Come salvarsi? Per reagire alla pressione delle ideologie autoritarie l’uomo non deve sacrificarsi per gli altri né deve sacrificare gli altri a se stesso, né vittima, né carnefice, ma reagire con attività organizzative e di propaganda, in nome della libertà e dell’indipendenza.
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L’ATLANTIDE. LA RIVOLTA DI ATLANTE (parte III) di Ayn Rand.
Contro una società sempre più massificata, contro le limitazioni imposte all’iniziativa individuale, contro una politica che può che portare alla distruzione della ricchezza nazionale, l’unico modo per reagire è organizzarsi, fare propaganda, ribellarsi. Per questo Francisco, Ragnar e John hanno messo in atto lo sciopero dei cervelli e hanno riunito gli industriali innovatori, i reali produttori del benessere nazionale, nel Galt’s Gulch, l’oasi in cui poter sperimentare in totale libertà nuove soluzioni alla decadenza generale. Ultimo volume della Rivolta di Atlante, in L’Atlantide i tentativi della mediocre classe dirigente di portare in extremis dalla sua parte i promotori della futura rinascita, avranno solo un esito finale, quello di rinsaldare la determinazione dell’eroe randiano che, sempre fedele agli impegni presi, è il protagonista di un’estrema avventura in cui si destreggia abilmente tra torture, fughe, tentativi di corruzione, passioni e amori. Da una New York avvolta nelle tenebre, con i treni bloccati e senza più erogazione di energia elettrica, i guizzi della inestinguibile fiamma del petrolio fanno presagire che la ragione e la libertà non saranno mai sconfitte e che saranno sempre in grado di ricostruire il mondo.
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FAHRENHEIT 451 (Fahrenheit 451, 1953) di Ray Bradbury
E finalmente giungiamo al grande elogio della libertà di pensiero e della parola scritta: Fahrenheit 451, di Ray Bradbury, uno dei più famosi ed intensi romanzi distopici mai scritti.
Montag fa il pompiere in un mondo dove gli incendi, anziché essere spenti, vengono appiccati. Armati di lunghi lanciafiamme, i militi irrompono nelle case dei sovversivi che conservano libri, e li bruciano: così vuole la legge. Montag però non è felice della sua esistenza alienata, fra giganteschi schermi televisivi e slogan, con una moglie indifferente e passiva e un lavoro che svolge per pura e semplice routine. Finché un giorno, dall’incontro con una donna sconosciuta, nasce un sentimento impensabile, e per Montag, il pompiere, inizia la scoperta di un mondo diverso, un universo di luce non ancora offuscato dalle tenebre della imperante società tecnologica.
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IL SIGNORE DELLE MOSCHE (The Lord of the Flies, 1954) di William Golding
Ed è il turno della comunità distopica formata dal pugno di ragazzi bloccati sull’isola de il signore delle mosche di William Golding.
Un aereo precipita in mare, unica salvezza è l’isola disabitata che si trova nei pressi. Al disastro gli unici sopravvissuti sono un gruppo di ragazzi inglesi, tutti di buona famiglia borghese nell’età della preadolescenza, assieme ad altri molto più piccoli; insieme si mettono subito all’opera nel tentativo di auto-organizzarsi e governarsi con regole precise pur essendo senza alcun aiuto né controllo da parte di un’autorità adulta. Ma, molto presto, la loro vita si trasforma in un incubo infernale: qualcosa comincia a non funzionare più come dovrebbe, emergono difatti paure ancestrali del tutto irrazionali e comportamenti antisociali, da cui si sviluppa una vicenda che metterà a nudo gli aspetti più selvaggi e ‘bestiali’ della natura umana.
Il Signore delle mosche rappresenta il manifesto della poetica dell’autore, che può essere riassunta in questa frase: “L’uomo produce il male come le api producono il miele”.
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IO SONO LEGGENDA (I Am Legend, 1954) di Richard Matheson
Ed è il turno della società distopica formata dai vampiri nel romanzo horror Io sono leggenda di Richard matheson.
Robert Neville è probabilmente l’ultimo uomo vivente sul pianeta… eppure non è solo. Un morbo incurabile ha trasformato uomini, donne e bambini in vampiri assetati di sangue. Di giorno Robert attraversa le rovine della civiltà, seguendo le tracce dei mostri come un cacciatore sulle orme della preda, li studia, sperimenta nuovi modi per sterminarli. Di notte si barrica in casa, assediato dalle creature delle tenebre, e implora che sorga presto il sole… Rovesciando la situazione di Dracula, vampiro nel mondo degli uomini, Matheson immagina un uomo solo in un mondo di creature mostruose, dando vita a uno degli scenari più fortunati della letteratura e del cinema novecentesco. Quello che – con la sua scrittura ossessivamente cristallina, asciutta, ipnotica – Matheson dipinge è un mondo apocalittico, straniato, nel quale ogni valore e ogni certezza vengono stravolti. Chi sono i buoni e chi i cattivi? Ci sono davvero dei buoni e dei cattivi? O ci sono solo eventi e creature che sfuggono alla comprensione razionale e alla catalogazione scientifica? L’orrore, suggerisce Matheson, ci abita accanto. Postfazione di Giancarlo De Cataldo.
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TEMPO FUORI LUOGO (Time out of Joint, 1959) di Philip K. Dick
Non poteva certo mancare tra i romanzi distopici il visionario maestro della fantascienza Philip K. Dick che fa la sua prima comparsa con il suo Time out of Joint del ’59, pubblicato in Italia anche con i titoli: Il tempo si è spezzato, l’uomo del gioco a premi e Tempo fuor di Sesto.
America, anni Cinquanta. Nell’ordinato sobborgo di una tranquilla cittadina vivono i Nielson: Victor lavora in un piccolo supermercato, la moglie Margo fa la casalinga e si occupa del figlioletto Sammy. Una famiglia assolutamente “normale”, se non fosse per Ragle Gumm, il fratello di Margo, un reduce quarantenne, disoccupato e single, che vive perennemente ospite da loro e passa il tempo giocando al concorso indetto dal quotidiano locale, che vince regolarmente. Una routine prevedibile fino all’esasperazione, nella quale Ragle però inizia a percepire dettagli che non sono al loro posto. Una sensazione indefinibile eppure sempre più persistente, un disagio che si fa via via più oscuro e sfocia in una crescente crisi di identità ai limiti della psicosi, fino alla scoperta di una verità inimmaginabile. Perché quando la realtà si rivela una grande messinscena, la paranoia può essere l’unica via di salvezza. Tempo fuori luogo (1959), secondo romanzo scritto da Philip Dick, ne racchiude già i temi che segneranno le opere future, in particolare la natura illusoria del mondo, la normalità come schermo e l’alienazione dell’individuo.
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GIUSTIZIA FACCIALE (Facial Justice, 1960) di Leslie Poles Hartley.
E arriviamo al 1960, tra i romanzi distopici troviamo la parità fisica e psichica dei volti tutti uguali proposti dalla Giustizia facciale di Leslie Poles Hartley.
In una immaginaria Inghilterra di un non molto lontano futuro, dopo le devastazioni prodotte dalla Terza guerra mondiale, si è instaurato un regime politico-sociale egualitario in cui ogni pulsione individualista viene condannata e repressa. Si è decretato che il popolo potrà vivere felice solo se si cancelleranno i connotati personali psicologici e fisici che caratterizzano i singoli individui. Ogni diversità individuale potrebbe infatti generare moti di invidia nell’animo del prossimo, e questo vale anche per la bellezza del volto che alcune donne posseggono in misura superiore ad altre…
Un mondo all’apparenza sereno dove le passioni civili, come anche quelle amorose, vengono sedate attraverso martellanti messaggi radio e per via farmacologica, affinché non turbino la quiete che un premuroso Dittatore vuole imporre ai suoi sudditi per il loro bene.
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