«Se interrogata a bruciapelo sui genitori, Patty rispondeva che facevano tante belle cose per tanta gente; suo padre aveva uno studio legale a White Plains, sua madre era in politica, sí, una deputata dello stato di New York. Poi annuiva con enfasi e diceva: «Sí, ecco cosa fanno», come se avesse esaurito l’argomento. Cercare di farle ammettere che qualcuno si comportava in modo «pessimo» poteva diventare una gara di abilità. Quando venne a sapere che Seth e Merrie Paulsen avevano organizzato una grande festa di Halloween per i loro gemelli, invitando di proposito tutti i bambini dell’isolato tranne Connie Monaghan, Patty si limitò a dire che era molto «strano». La prima volta che la incontrarono per strada, i Paulsen le spiegarono che per tutta l’estate avevano cercato di convincere la madre di Connie Monaghan, Carol, a non lanciare i mozziconi dalla finestra della sua camera dentro la piscinetta dei gemelli. – È molto strano, – convenne Patty, scuotendo la testa, – ma non è colpa sua, sapete –. I Paulsen, tuttavia, si rifiutarono di accontentarsi di «strano». Volevano «sociopatico», volevano «passivo-aggressivo», volevano «pessimo». Sentivano il bisogno che Patty scegliesse uno di quegli epiteti e si unisse a loro nell’applicarlo a Carol Monaghan, ma Patty era incapace di andare oltre «strano», e i Paulsen a loro volta si rifiutarono di aggiungere Connie alla lista degli invitati.»
Libertà di Jonathan Franzen
Libertà di Jonathan Franzen: l’America post 11 settembre in una grande saga familiare.
Walter e Patty erano arrivati a Ramsey Hill come i giovani pionieri di una nuova borghesia urbana: colti, educati, progressisti, benestanti e adeguatamente simpatici. Fuggivano dalla generazione dei padri e dai loro quartieri residenziali, dalle nevrosi e dalle scelte sbagliate in mezzo a cui erano cresciuti: Ramsey Hill (pur con certe residue sacche di resistenza rappresentate, ai loro occhi, dai vicini poveri, volgari e conservatori) era per i Berglund una frontiera da colonizzare, la possibilità di rinnovare quel mito dell’America come terra di libertà “dove un figlio poteva ancora sentirsi speciale”. Avevano dimenticato però che “niente disturba questa sensazione quanto la presenza di altri esseri umani che si sentono speciali”. E infatti qualcosa dev’essere andato storto se, dopo qualche anno, scopriamo che Joey, il figlio sedicenne, è andato a vivere con la sua ragazza a casa degli odiati vicini, Patty è un po’ troppo spesso in compagnia di Richard Katz, amico di infanzia del marito e musicista rock, mentre Walter, il timido e gentile devoto della raccolta differenziata e del cibo a impatto zero, viene bollato dai giornali come “arrogante, tirannico ed eticamente compromesso”. Siamo negli anni Duemila, anni in cui negli Stati Uniti (e non solo…) la libertà è stata come non mai il campo di battaglia e la posta in gioco di uno scontro il cui fronte attraversa tanto il dibattito pubblico quanto le vite delle famiglie.
(EN) Videointervista in lingua originale dell’autore su Libertà di Jonathan Franzen.
La recensione
Il racconto di tre generazioni che si confrontano e si scontrano. Modi diversi di accettare o utilizzare ciò che la libertà concede e chiede in cambio. Il tutto in un racconto che mette in luce le contraddizioni di una middle class americana che si misura con la realizzazione dei propri ideali ed aspirazioni dovendo scendere a compromessi con la realtà del proprio ruolo di simbolo, portavoce, genitore, coniuge, figlio, amante, amico; mentre una società, in alcuni casi cinica, in altri fanatica, in altri ancora profondamente umana, ripiega le vite dei protagonisti “verso l’interno” in una comprensione più chiara di sé, dei propri limiti, dei propri errori così da portarli a ricominciare a costruire i fili che li legano, o li separano, da chi è altro da sé.
Abbastanza impegnativo a causa di una narrazione molto ricca di eventi e dettagli, ma che tuttavia intriga proprio per questo, e che personalmente ho trovato appagante.
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