La danzatrice di Izu, la prima opera giovanile importante del premio Nobel per la letteratura Yasunari Kawabata
«Avevo vent’anni, berretto dell’uniforme degli studenti liceali in testa, cartella in spalla, indossavo un kimono blu scuro e uno hakama. Erano passati quattro giorni da quando tutto solo mi ero messo in viaggio per Izu. Mi ero fermato una notte alle terme di Shuzenji, due a quelle di Yugashima, e ora con i miei alti e pesanti geta ai piedi stavo salendo verso il passo di Amagi. Guardavo incantato i colori autunnali delle catene montuose che si susseguivano a perdita d’occhio, dei boschi incontaminati e delle profonde vallate, e intanto nutrivo in cuore una speranza che mi faceva affrettare il passo. Cominciò a piovere a dirotto, mi misi a correre su per la ripida salita che si inerpicava tortuosa. Arrivando finalmente a un posto di ristoro in cima al colle tirai un sospiro di sollievo, ma quando entrai nel locale rimasi pietrificato sulla soglia: la mia speranza si era miracolosamente realizzata. Gli artisti ambulanti erano lì, si stavano riposando. Vedendomi fermo in piedi, la giovane danzatrice si sollevò un poco per cedermi il cuscino sul quale era accovacciata, lo voltò dall’altra parte e lo posò accanto a me. Mi sedetti sul cuscino senza riuscire a parlare, emisi solo un’esclamazione di sorpresa. L’affanno per la salita fatta di corsa e lo stupore mi bloccavano in petto anche una semplice parola di ringraziamento. Seduto di fronte alla ragazza, vicinissimo, in preda alla confusione tirai fuori dalla manica le sigarette. Lei spostò il portacenere che si trovava davanti a una sua compagna avvicinandolo a me. Io continuavo a tacere.»
La danzatrice di Izu e altri racconti di Yasunari Kawabata. Mondadori. Edizione del Kindle (2024).
Uno studente di Tokyo intraprende un viaggio solitario nella pittoresca penisola di Izu: spera di trovare sollievo ai propri tormenti. Nella bellezza del paesaggio autunnale, il protagonista vive un’esperienza che lo segnerà a fondo: conosce Kaoru, una giovane danzatrice errante, pura nella sua naturale semplicità e nel suo animo infantile. In un delicato equilibrio tra lo scenario idilliaco di Izu e le dinamiche emotive fra i due, Kawabata esplora il tema della bellezza effimera e dell’innocenza perduta, catturando con maestria la fugacità del momento. Opera giovanile dell’autore, fortemente autobiografica, “La danzatrice di Izu” (1927) secondo Mishima «ha la bellezza incompiuta della giovinezza stessa». La accompagnano in questo volume altri tre racconti, come nell’edizione Shinchosha del 1950: “Locanda termale” (1930), che nella coralità tutta declinata al femminile ricostruisce con vividezza gli stessi ambienti della “Danzatrice di Izu”; “Lirica” (1934), un’interpretazione di rara intensità dello struggimento di una donna per l’amore perduto; e “Uccelli e altri animali” (1934), un racconto in cui vita e scrittura si fondono in un’allegoria disturbante. In ognuno di questi testi – al di là di una semplice narrazione di eventi e azioni – Kawabata riesce a offrire un affresco di indelebili emozioni, così fine da penetrare profondamente nell’animo del lettore.
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