Il Sogno del Villaggio dei Ding

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Il Sogno del Villaggio dei Ding di Yan Lianke Un romanzo intenso e crudele che nasce da una tragedia vera e misconosciuta.

«Il Villaggio dei Ding era immerso in un silenzio assoluto, palpabile. Era ancora vivo, ma sembrava morto. E in quella quiete, in quel profondo autunno, in quel crepuscolo, il villaggio era come appassito, anche le persone erano come appassite. Inaridite. Anche la vita si era inaridita, come un cadavere sepolto nella terra. 

La vita assomigliava a un cadavere. 

L’erba della pianura era secca. 

Gli alberi della pianura, secchi. 

Le dune di sabbia e i campi coltivati, dopo l’ondata rosso sangue, parevano anch’essi rinsecchiti. 

La gente del villaggio se ne stava rintanata in casa, nessuno usciva piú. 

Quando il nonno Ding Shuiyang tornò dalla città, il crepuscolo si era già disteso sulla pianura. L’autobus con cui era giunto da Weixian l’aveva lasciato sul bordo della strada come il vento d’autunno lascia per terra una foglia morta, prima di proseguire verso la lontana Dongjing. La strada che conduceva al Villaggio dei Ding era stata cementata dieci anni prima, all’epoca in cui tutti gli abitanti si vendevano il sangue. Il nonno se ne restò lí sul bordo della strada a guardare il villaggio che si stendeva davanti ai suoi occhi, finché una folata di vento non scosse la sua mente intorpidita dal viaggio. Lungo tutto il tragitto non era riuscito a districarsi dal groviglio di pensieri che lo avviluppava. Ma ora cominciava a capire, per la prima volta da quando era partito dal villaggio in autobus per recarsi in città a sentire tutti quegli interminabili e confusi discorsi dei funzionari locali e ripartire poi alla volta di casa, ora finalmente intravedeva una luce, come se un raggio di sole si levasse in un cielo limpido. 

Si rendeva conto che le nubi portano con sé la pioggia. Che l’autunno porta il freddo. Si rendeva conto che quelli che dieci anni prima avevano venduto il sangue adesso erano destinati ad ammalarsi di febbre. E di febbre sarebbero morti, se ne sarebbero andati come le foglie che d’autunno cadono a terra volteggiando. 

La febbre se ne stava acquattata nel sangue. 

Il nonno se ne stava acquattato nei suoi sogni. 

La febbre amava il sangue e il nonno amava i sogni. 

Il nonno sognava ogni notte. Da tre giorni continuava a fare lo stesso sogno.» 

Il Sogno del Villaggio dei Ding di Yan Lianke. Nottetempo. Edizione del Kindle (2011). 

Il Villaggio dei Ding è un pugno di case di paglia disteso lungo l’antico letto del Fiume Giallo. Il suo è un equilibrio che sembra immutabile, ma negli anni ’90 tutto è sommerso dall’”ondata rosso sangue”: la spregiudicata campagna del governo cinese per promuovere la vendita del sangue tra i contadini, che aderiscono in massa con il sogno di costruire case di mattoni e nuovi pollai. Mentre alcuni si arricchiscono con questa compravendita, altri si ammalano di una strana “febbre”: l’AIDS. Yan Lianke traduce in personaggi e immagini indimenticabili la storia di un’intera comunità spazzata via “come le foglie di un vecchio albero”: il giusto maestro Ding alle prese con un figlio senza scrupoli, la campagna che a poco a poco si inaridisce come se fosse anch’essa dissanguata, il villaggio che si riempie di stendardi funebri bianchi come la neve, la scuola del paese che diventa l’ultimo rifugio dei malati e il teatro di odi e amori estremi.

Un romanzo che nasce da una tragedia vera e misconosciuta, intenso e crudele come un racconto epico, struggente come una ballata.

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