Ghiaccio-Nove

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«Chiamatemi Jonah. I miei genitori mi chiamavano più o meno così. Mi chiamavano John.
Jonah o John… se anche mi fossi chiamato Sam, sarei rimasto un Jonah – e non perché fossi un menagramo, ma perché c’era sempre qualcosa o qualcuno che mi scaraventava puntualmente in determinati posti, in determinati momenti. Non senza i debiti mezzi e motivi, convenzionali o strambi che fossero. E, nel pieno rispetto del piano, allo scoccare del secondo stabilito, questo Jonah era lì, nel posto stabilito.
State a sentire:
Quando ero più giovane – due mogli or sono, più 250.000 sigarette e 50.000 cicchetti…
Quando ero molto, ma molto più giovane, incominciai a raccogliere il materiale per un libro che doveva intitolarsi “Il giorno in cui il mondo finì.”»

Ghiaccio-Nove di Kurt Vonnegut

Ghiaccio-Nove di Kurt Vonnegut: La realtà alternativa visionaria e inquietante firmata dall’autore di “Mattatoio n.5.

Uno scrittore decide di scrivere un libro sul giorno in cui è stata sganciata su Hiroshima la prima bomba atomica. Si intitola “Il giorno in cui il mondo finì” ed è centrato sull’idea di descrivere cosa stessero facendo alcuni scienziati nucleari nell’esatto momento in cui avveniva la catastrofe. Attraverso una corrispondenza con i tre figli dell’ormai defunto Felix Hoenikker, il premio Nobel che ha costruito la bomba, lo scrittore tenta di darcene un ritratto. Apprendiamo così che, proprio in quel giorno fatale, il dottor Hoenikker era riuscito a risolvere un gioco che lo stava impegnando da un bel po’ e che la notte della sua morte, avvenuta anni dopo, stava trafficando in cucina con dei pezzetti di ghiaccio: aveva trovato il modo per congelare l’acqua ad alte temperature. Questa sua invenzione è, in realtà, un’arma micidiale, capace di annientare ogni forma di vita sulla Terra. I tre figli cercheranno di utilizzare quest’ultima scoperta paterna. Salutato al suo apparire, nel 1963, da Graham Greene come “uno dei tre migliori romanzi dell’anno scritto dal più bravo scrittore vivente”, “Ghiaccio-Nove” è un libro che contesta la nostra società attraverso la parodia e disegna uno scenario in cui risuonano tutte le paure e le inquietudini dell’epoca contemporanea.

Il romanzo Ghiaccio-Nove di Kurt Vonnegut ebbe un grande successo sia di pubblico che di critica; fra l’altro, valse all’autore la laurea ad honorem in antropologia presso l’Università di Chicago e una nomination per il prestigioso Premio Hugo per la letteratura fantascientifica.

Info sull’autore e su Ghiaccio-Nove di Kurt Vonnegut sulla pagina wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Kurt_Vonnegut

Il libro di Bokonnon citato in Ghiaccio-Nove di Kurt Vonnegut al sito inglese: http://bernd.wechner.info/Bokononism/

La recensione

“Tutte le verità che sto per dirvi sono spudorate menzogne”. Dice il Libro di Bokonnon.

Romanzo che nel 1971 valse a Vonnegut la laurea ad honorem in antropologia presso l’Università di Chicago, Ghiaccio-Nove, con ironia e fatalismo, attraverso il suo occhio cinico, ludico e impegnato al contempo, ci guida nella sua personalissima “guerra fredda”, fatta di scienziati, imprenditori, giornalisti, nani, gigantesse, presidenti di repubbliche caraibiche, bellissime donne, costruttori di modellini e plastici, missionari, santoni e dittatori.
Sullo sfondo, l’umanissima umanità di tutte queste figure, in primo piano, la loro rappresentazione di sé stesse come parti di un grande disegno assurdo e inconcepibile, o talmente semplice e coerente da risultare disarmante. Una “cesta del gatto” alla quale nessuno può sfuggire e che forma quella rete di relazioni (laborioso, laborioso, laborioso) che porteranno allo zah-mah-ki-bo (il destino) di ognuno.

La prosa e lo stile asciutto, a mio parere molto belli, sorreggono una struttura e una trama visionarie, come proprio dell’autore.

Consigliato a chi cercasse qualcosa al di fuori degli schemi.
Di difficile lettura a chi è abituato alla narrativa classica.
Di approccio abituale per coloro che fossero soliti leggere autori postmoderni e/o surreali.

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