«Si fece una doccia, si rase davanti allo specchio, indossò della biancheria pulita; quella usata la lavò subito, com’era sua abitudine, e la appese ad asciugare sui rubinetti e sul braccio della doccia. Poi si mise allo scrittoio e fece qualche tentativo al telefono: in camera non era disponibile un elenco né niente del genere, così compose dei numeri a caso, più volte, finché non trovò qualcuno all’altro capo del filo. Risposero in molti, voci maschili e femminili, ma in qualunque lingua parlasse e per quanto ripetesse e perfino urlasse la parola informazione tutti si esprimevano nella stessa incomprensibile maniera, una sequenza di suoni chioccianti e apparentemente inarticolati: ebete o pepepe, etere o cose simili; il suo orecchio fine addestrato a cogliere le varianti e le sfumature più sottili, non riusciva a distinguere altro che un borbottio gracchiante.»
Epepe di Ferenc Karinthy
Epepe di Ferenc Karinthy l’alienante romanzo distopico sull’isolamento provocato dall’impossibilità di comunicare.
Ci sono libri che hanno la prodigiosa, temibile capacità di dare, semplicemente, corpo agli incubi. Epepe di Ferenc Karinthy è uno di questi. Inutile, dopo averlo letto, tentare di scacciarlo dalla mente: vi resterà annidato, che lo vogliate o no. Immaginate di finire, per un beffardo disguido, in una labirintica città di cui ignorate nome e posizione geografica, dove si agita giorno e notte una folla oceanica, anonima e minacciosa. Immaginate di ritrovarvi senza documenti, senza denaro e punti di riferimento. Immaginate che gli abitanti di questa sterminata metropoli parlino una lingua impenetrabile, con un alfabeto vagamente simile alle rune gotiche e ai caratteri cuneiformi dei Sumeri – e immaginate che nessuno comprenda né la vostra né le lingue più diffuse. Se anche riuscite a immaginare tutto questo, non avrete che una pallida idea dell’angoscia e della rabbiosa frustrazione di Budai, il protagonista di “Epepe”. Perché Budai, eminente linguista specializzato in ricerche etimologiche, ha familiarità con decine di idiomi diversi, doti logiche affinate da anni di lavoro scientifico e una caparbietà senza uguali. Eppure, il solo essere umano disposto a confortarlo, benché non lo capisca, pare sia la bionda ragazza che manovra l’ascensore di un hotel: una ragazza che si chiama Epepe, ma forse anche – chi può dirlo? – Bebe o Tetete.
Note sull’autore e sul libro Epepe di Ferenc Karinthy nella pagina inglese di wikipedia: https://en.wikipedia.org/wiki/Ferenc_Karinthy
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