E il giardino creò l’uomo: Un manifesto ribelle e sentimentale per filosofi giardinieri

Il giardino: ultimo rifugio della spiritualità e della poesia; ultima frontiera al di qua della barbarie e dell’alienazione; ultima utopia – ma un’utopia pratica, tangibile.
Questi i temi che il giardiniere-filosofo Jorn de Précy – attivo a cavallo fra Otto e Novecento e di cui poco si sa, ma che è da sempre oggetto di venerazione da parte degli appassionati – ha riunito nel suo E il giardino creò l’uomo. Questo scritto vibrante è soprattutto il manifesto di un’idea del giardino che l’autore riuscì a realizzare nella sua tenuta di Greystone, nell’Oxfordshire; un’idea straordinariamente attuale e ancora, nella sostanza come nella forma, rivoluzionaria, quella del giardino selvatico. Nel fare il giardino, l’uomo – sostiene de Précy – deve restare in ascolto della natura, del genius loci, non forzare ma assecondare le forze che vi operano, mettendosi al loro servizio e riallacciando così il legame con il mondo naturale; il quale lo ripagherà regalandogli il piacere più compiuto e nello stesso tempo inesauribile, lo spettacolo della vita e delle stagioni. Trattato di storia dei giardini, memoir e nello stesso tempo appassionato pamphlet politico, E il giardino creò l’uomo è anche il ritratto di un uomo originale e, a suo modo, enigmatico; al termine della lettura ci sembra di vederlo scomparire lungo uno dei sentieri dell’amato Greystone, a raggiungere gli dèi che si celano tra le sue piante.

SCOPRI ANCHE

Lo trovi su

Condividi l’articolo

Commenti

Rispondi

Scopri di più da CheLibro

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continua a leggere