«Christian Norberg-Schulz ribatte condannando la teoria dell’esperienza architettonica soggettiva per la conclusione apparentemente assurda che implica, ossia che “l’architettura si realizza soltanto quando viene percepita”.

Sempre Norberg-Schulz afferma: “Lo spazio architettonico esiste indipendentemente dal fruitore casuale, ed è dotato di centri e di un orientamento propri”. Analizzando le costruzioni di una qualsiasi civiltà, antica o moderna che sia, non si può che concordare. È soltanto quando si osserva la casa di Navidson che l’affermazione inizia a perdere forza.»


Casa di foglie di Mark Z. Danielewski (2019, 66thand2nd)

Casa di foglie, il claustrofobico e allucinante viaggio nel labirinto del romanzo ergodico di Mark Z Danielewski.

Quando la prima edizione di “Casa di foglie” iniziò a circolare negli Stati Uniti, affiorando a poco a poco su Internet, nessuno avrebbe potuto immaginare il seguito di appassionati che avrebbe raccolto. All’inizio tra i più giovani – musicisti, tatuatori, programmatori, ecologisti, drogati di adrenalina -, poi presso un pubblico sempre più ampio. Finché Stephen King, in una conversazione pubblicata sul «New York Times Magazine», non indicò “Casa di foglie” come il Moby Dick del genere horror. Un horror letterario che si tramuta in un attacco al concetto stesso di «narrazione». Qualcun altro l’ha definita una storia d’amore scritta da un semiologo, un mosaico narrativo in bilico tra la suspense e un onirico viaggio nel subconscio. O ancora: una bizzarra invenzione à la Pynchon, pervasa dall’ossessione linguistica di Nabokov e mutevole come un borgesiano labirinto dell’irrealtà. Impossibile inquadrare in una formula l’inquietante debutto di Mark Z. Danielewski, o anche solo provare a ricostruirne la trama, punteggiata di citazioni, digressioni erudite, immagini e appendici. La storia ruota intorno a un misterioso manoscritto rinvenuto in un baule dopo la morte del suo estensore, l’anziano Zampanò, e consiste nell’esplorazione di un film di culto girato nella casa stregata di Ash Tree Lane in cui viveva la famiglia del regista, Will Navidson, premio Pulitzer per la fotografia, che finirà per svelare un abisso senza fine, spalancato su una tenebra senziente e ferina, capace di inghiottire chiunque osi disturbarla.

Casa di foglie di Mark Z Danielewski letteratura ergodica esempio pagine interne
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